Il finale prevedeva un salto in piscina, con lui che la prendeva in braccio e insieme si tuffavano ridendo con una musica a metà tra il lounge e l’elettrosoft. Il tutto dopo venticinque minuti di ricerca introspettiva e penetrazione. Un po’ lo avevo intuito dai primi quattro minuti e mezzo, che sono il tempo che il tipo ci ha messo a togliere il costume alla tipa. Cioè, roba che generalmente a quel punto già sta arrivando la seconda attrice a dare il suo contributo all’impegnativa opera di spargimento di fluidi corporei dei due nostri eroi protagonisti.
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Non me ne frega niente
Non mi è ben chiara questa cosa. Ormai mi sono abituato e va bene, e soprattutto non me ne frega niente di me, come di nessun altro. Lo so, non sono stato una brava persona, e probabilmente non lo sono ancora. Sono dell’idea che se uno ha pochi chiodi fissi, non ha fantasia ma sicuramente si diverte di più. Per esempio io non leggo. Lo dico pure con una punta di orgoglio. Non leggo e non me ne frega niente, perché leggere mi ha sempre fatto pensare che non avessi nulla di meglio da fare. E altro non volevo che fare qualcosa. Quarant’anni fa Roma era una meraviglia, bianca da schiantarsi al sole. Roma era mia, e non c’era niente da fare, dove andavo mettevo tende.
Gli uomini sono tutti uguali
Mi chiamo Francesca, ho trentadue anni e faccio la barista. Oggi si usa bartender, che è più figo e non è a uso esclusivo degli uomini, tipo i barman. Che poi in realtà le bartender fanno i cocktail, quando io più di un campari col gin o uno spritz non vado. Quindi va bene barista. Che poi è un bel bar, grande, coi gratta e vinci e le sigarette, le slot. C’è sempre un casino di gente. A ventitre anni non credevo che avrei fatto la barista. Mi stavo laureando in sociologia. In realtà volevo iscrivermi a psicologia, ma non ho passato la selezione del numero chiuso, e per non perdere l’anno ho pensato di iscrivermi a sociologia, fare gli esami in comune e poi fare il passaggio l’anno dopo.