Non me ne frega niente

alla-fine-ogni-cosaNon mi è ben chiara questa cosa. Ormai mi sono abituato e va bene, e soprattutto non me ne frega niente di me, come di nessun altro. Lo so, non sono stato una brava persona, e probabilmente non lo sono ancora. Sono dell’idea che se uno ha pochi chiodi fissi, non ha fantasia ma sicuramente si diverte di più. Per esempio io non leggo. Lo dico pure con una punta di orgoglio. Non leggo e non me ne frega niente, perché leggere mi ha sempre fatto pensare che non avessi nulla di meglio da fare. E altro non volevo che fare qualcosa. Quarant’anni fa Roma era una meraviglia, bianca da schiantarsi al sole. Roma era mia, e non c’era niente da fare, dove andavo mettevo tende.

C’erano gli amici del baretto, ma con loro ci facevo poco, impegnati com’erano a parlare di politica, di lotte sindacali, di diritti. A me non fregava niente di quella roba. E poi votavo Democrazia Cristiana. Alla fine una cosa mi serviva e loro mi avevano aiutato. Un lavoro sicuro, il posto fisso che oggi tutti bramano. Il problema è che a me non fregava niente manco di quello. Io volevo solo spaccare tutto, conquistare il mondo. E Roma mia me lo permetteva, perché non c’era solo il Pantheon o Piazza Navona, non solo il Piper di Coppedè. C’erano i cravattari e le bariste, i maritozzi con la panna e le nasone con l’acqua fresca sempre. C’erano quelli che andavano per la prima volta a Massenzio, e io che me ne andavo all’Eur in mezzo ai fasci a rimediare un po’ di cocaina. Era buona, aveva il mio stesso carattere, con l’adrenalina iniziale e l’amaro in bocca, e poi ne vuoi sempre di più, per non volerne più.

Non è mai stato un problema la cocaina, non la cocaina in sé. Tutto quello che comportava però sì, tipo fare le sei del mattino, fare a cazzotti ed evitare qualche coltellata, rimorchiare qualche bella ragazza che a sua volta voleva rimediare qualche tiro. E allora eccola là che diventa merce di scambio, più del denaro, perché il divertimento vale più dei soldi, e non si compra, si può solo percepire. Per questo penso che il non avere fantasia mi ha fatto bene, e il fregarmene di tutti mi ha dato tutto quello che ho.

Che poi, questo sì che mi fa incazzare, se penso a quello che ho l’elenco è breve. Perché una famiglia non ce l’ho, che mica ero scemo che mi volevo sposare, e i fratelli che avevo ora mi salutano da lontano. Perché non è per i mesi a vivere in macchina, già non mi cercavano prima.

È proprio il non capire che allontana le persone, il voler pensare troppo.

Io già lo sapevo da prima che nessuno mi voleva. Quando mantenevo la stecca per duecentomila lire, quando mi agghindavo come un vero capo di Roma, quando Roma mia non era una donna che si trucca senza lavarsi il viso.

Quel giorno sono solo caduto a terra. Non mi ricordo molto, e al risveglio in ospedale i medici mi hanno detto che ero salvo per un pelo. Salvo. Secondo loro. Secondo me era finita e non sapevo più che farci di questa vita.

Oggi sbraito, impreco, rutto, rido. Questa è la mia vita. Con l’aiuto di un bastone e la voglia di spaccare tutto. Nulla è cambiato, tranne il modo in cui posso farmi del male, e fregarmene di tutto. E tutti. E me.